Installazione della Pietra d'inciampo in memoria di Vanda Maestro

Venerdì 13 gennaio - ore 9.30

Corso Marconi 11 - Torino


Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino – in collaborazione con la Comunità Ebraica di Torino, l’Associazione Nazionale Ex Deportati (Aned) - sezione Torino e il Goethe Institut Turin

Maggiori informazioni: pietre.museodiffusotorino.it

Vanda Maestro, fin dal 25 luglio 1943 a contatto con elementi del Partito d’Azione, si trovava nel dicembre di quell’anno in
Val d’Aosta, aggregata ad un gruppo partigiano allora in formazione, con incarichi vari (contatti col fondo valle, distribuzione
della stampa, occasionali missioni esplorative sui movimenti dei presidî tedeschi e fascisti). Aveva 24 anni; da poco tempo aveva conseguito la laurea.
Chi la vide allora, su per quei sentieri già sepolti sotto la neve, non ne può dimenticare il viso minuto e gentile, segnato dallo
sforzo fisico e da una piú profonda tensione: poiché per lei, come per i migliori di quel tempo e di quella condizione, la scelta non era stata facile, né gioiosa, né priva di problemi.

Così Primo Levi commemora l'amica Vanda Maestro in un testo pubblicato nel 1953 nel volume volume Donne piemontesi nella lotta di liberazione. 99 partigiane cadute, 185 deportate, 38 cadute civili, a cura della Commissione femminile dell’Anpi provinciale di Torino (poi in Opere complete, vol. II, pp. 1289-1290).

Ricorda Levi:

La sua esperienza partigiana fu breve. Il 13 dicembre si trovò sorpresa da un rastrellamento diretto alla cattura di una piú importante banda che operava in una valle contigua. Fu arrestata, condotta ad Aosta, interrogata a lungo. Rispose abilmente, in modo che nulla di concreto le poté venire contestato circa la sua attività; ma, in quanto ebrea, fu inviata a Fossoli, e di qui al Lager dal nome ormai tristemente famoso: al campo femminile di Birkenau-Auschwitz.
Qui, per questa piccola donna mite, leale e generosa, doveva compiersi con orribile lentezza, mese per mese, il piú spaventoso dei destini che un uomo, in un parossismo di odio, potrebbe concepire ed augurare al peggiore dei propri nemici. Chi da Birkenau è tornato, ci ha raccontato di Vanda, fin dai primi giorni prostrata dalla fatica, dagli stenti, e da quella sua terribile chiaroveggenza che le imponeva di rifiutare i pietosi inganni a cui cosí volentieri si cede davanti al danno supremo. Ci ha descritto la sua povera testa spogliata dei capelli, le sue membra presto disfatte dalla malattia e dalla fame, tutte le tappe del nefando processo di schiacciamento, di spegnimento, che in Lager preludeva alla morte corporale.
E tutto, o quasi tutto, sappiamo della sua fine: il suo nome pronunciato fra quelli delle condannate, la sua discesa dalla cuccetta dell’infermeria, il suo avviarsi (in piena lucidità!) verso la camera a gas ed il forno di cremazione.