Nel centenario della nascita, Primo Levi e i suoi lettori
di Dario Disegni*
L'articolo, qui riprodotto per gentile concessione, è originariamente pubblicato sulla rivista della Società Dante Alighieri "Apice" (le monografie di Pagine della Dante) Primo Levi nel segno del pensiero, anno IV n.3, ed. Società Dante Alighieri, Roma, luglio-settembre 2019 - www.ladante.it
* Presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della Nascita di Primo Levi
Una svolta
Il centenario della nascita di Primo Levi ha rappresentato una svolta nel rapporto fra lo scrittore torinese e i suoi pubblici. Il numero e la varietà delle iniziative promosse nell’anno che si è appena concluso, l’estensione nazionale e internazionale dell’interesse dimostrato per l‘opera hanno rappresentato, per un verso, una conferma dell’importanza che i libri di Levi e il suo pensiero hanno oramai assunto nella cultura del nostro tempo non solo in Italia e, per un altro, una vera e propria sorpresa, per la varietà di approcci con i quali si è guardato – e senz’altro si continuerà d’ora in avanti a guardare – al contributo da lui offerto a una visione più ricca e insieme problematica del mondo di cui tutti noi facciamo parte. E infatti quello che fino a non molto tempo fa veniva considerato prevalentemente come uno dei testimoni più lucidi di Auschwitz ha assunto oramai i tratti indiscutibili del grande scrittore e dell’uomo di pensiero capace di far riflettere i suoi interlocutori su aspetti cruciali della condizione degli esseri umani nella società contemporanea. Questo senza togliere nulla e, anzi, aggiungendo spessore e profondità al suo racconto e alle sue riflessioni sull’esperienza del genocidio nazista.
Tutto ciò è avvenuto certamente grazie allo stimolo e agli strumenti offerti congiuntamente dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino, attivo oramai da dieci anni come strumento di mediazione fra l’opera di Levi e i suoi pubblici, e dal Comitato nazionale per le celebrazioni istituito dal Ministero dei beni culturali. Ma quello stimolo e quegli strumenti avrebbero potuto ben poco se non avessero incontrato una domanda precisa ed estesa cui l’opera dell’autore torinese mostra di saper offrire risposte dirette ed efficaci.
E a questo proposito non penso soltanto alla necessità di fronteggiare il risorgere del razzismo e il nuovo affacciarsi dell’antisemitismo, che nell’opera di Levi hanno sempre trovato un argine formidabile costituito di verità indiscutibili e di richiami alla ragione. Ma penso anche al crescente bisogno, così diffuso e spesso misconosciuto nella società di oggi, di curiosità fattuale e di consapevolezza etica applicati ai mille aspetti della vita quotidiana, che trova pieno riscontro nell’atteggiamento dello scrittore in tutti i suoi scritti.
Il rapporto diretto con l’opera
Proprio con l’obiettivo di rispondere a tali esigenze e sollecitazioni, il Centro e il Comitato – dotati di potenzialità necessariamente limitate –, insieme a molti altri soggetti attivi nel panorama italiano e internazionale, hanno messo non a caso al primo posto, nella loro pratica di quest’anno, le occasioni intese a favorire un rapporto diretto fra l’opera di Levi e i suoi tanti pubblici.
Cito qui solo alcune delle iniziative più importanti prese durante il centenario. A febbraio, allo scopo di ricordare la partenza per Auschwitz nel 1944 si è scelto di affidare a un grande attore – Fabrizio Gifuni – la lettura di alcuni brani sulla deportazione di fronte a una vasta platea convenuta al campo di Fossoli, il luogo dove venivano concentrati gli ebrei italiani destinati ai Lager. Sempre Gifuni ha letto una selezione di brani da I sommersi e i salvati – l’ultimo libro di Levi, sinora grandemente apprezzato dai più esperti, ma ancora poco letto da un pubblico ampio – di fronte a più di duemila spettatori convenuti al Teatro Regio di Torino. Sempre nella stessa città 10.000 persone hanno assistito alle diverse repliche della nuova versione teatrale di Se questo è un uomo, interpretata da Valter Malosti, nel testo rigorosamente rispettoso del libro e ridotto per l’occasione dallo stesso Malosti e da Domenico Scarpa; altre migliaia di spettatori hanno riempito il Teatro Parenti di Milano e l’Argentina di Roma. A ottobre una lettura in 15 lingue di brani della Tregua ha segnato, di fronte a un’aula universitaria gremita di studenti, l’anniversario del ritorno di Levi a Torino dopo la liberazione da Auschwitz. E così, in numerosissime altre manifestazioni, giovani e meno giovani hanno seguito la lettura pubblica di testi tratti dai libri maggiori sul Lager, ma anche da Il sistema periodico, da La chiave a stella o dai racconti di fantascienza.
È stato questo il modo più semplice ed efficace per mettere il pubblico direttamente a contatto con le parole dello scrittore, capaci con la loro forza di aprire orizzonti inediti e di offrire motivi di riflessione sui temi più vari. E ogni volta l’opera di Levi ha mostrato una sorprendente freschezza: nel saper coinvolgere, anche solo attraverso il semplice ascolto, persone di culture e di età diversissime, disposte ad accoglierla con naturalezza come parte essenziale del patrimonio culturale loro e del nostro paese. Levi è infatti diventato un classico, uno scrittore cioè che – come ha detto Calvino – non cessa di parlare alle generazioni che si succedono. Un classico moderno entrato nel novero degli autori di cui, già dalla scuola media, i docenti e i loro ragazzi destinati a diventare adulti non possono fare a meno.
Proprio in una tale prospettiva non è indifferente considerare il numero molto consistente delle persone coinvolte nelle iniziative del centenario. Sono infatti ben pochi gli scrittori o gli intellettuali della nostra epoca che riescono a suscitare un’attenzione così ampia come è stato per Levi negli scorsi dodici mesi. E non penso qui solo alle letture pubbliche appena citate. Vorrei anche ricordare la mostra dedicata alle figure in filo di rame realizzate per gioco dallo scrittore – un gioco serio, ricco di implicazioni legate alla sua cultura e alla sua personalità – : mostra organizzata alla Wunderkammer della Galleria d’Arte Moderna di Torino. Si trattava di una novità indiscutibile, capace di svelare aspetti poco noti dell’opera di Levi, ma tale anche da illuminare in una prospettiva originale dimensioni già ben presenti nei suoi scritti. Fatto sta che pure in questo caso la risposta del pubblico è stata sorprendente e ha toccato numeri di cinque cifre.
Nuove direzioni di indagine
Non minore interesse, anche se ovviamente in ambiti più ristretti, hanno suscitato le occasioni di studio. Basti proporre qualche esempio. Per cominciare il Convegno organizzato a Bene Vagienna – luogo di vita della famiglia Levi nell’800 – sulla storia della presenza ebraica nel cuneese; un convegno inteso non solo a collocare le radici di Primo Levi in un contesto definito, ma anche a smontare pregiudizi oggi più che mai difficili da combattere sul rapporto fra ebrei e non ebrei. E poi un’altra iniziativa di ricerca promossa insieme al Polo del ‘900, mirata più specificamente a collocare lo scrittore sullo sfondo della Torino del dopoguerra, quando il capoluogo piemontese era il crocevia di esperienze politico-culturali di dimensione nazionale ed europea. Qui l’intento era di raccogliere contributi di studio originali sulle interferenze fra le idee e la pratica di Levi e i campi di ricerca delle tante istituzioni culturali impegnate a Torino, appunto, nello studio della Resistenza, del lavoro, della politica e della cultura, del contrasto all’antisemitismo e così via. Per non dimenticare infine l’incontro organizzato l’ultimo giorno di ottobre fra tutti gli autori delle Lezioni Primo Levi promosse negli scorsi dieci anni dal Centro intitolato allo scrittore, con lo scopo di fare il punto, oggi, sulla critica della sua opera. L’incontro è avvenuto in coincidenza con l’uscita del volume Mondadori che raccoglie tutte e dieci le Lezioni, divenute nel loro insieme uno strumento originale e ineludibile di studio e di aggiornamento.
Non sono poi mancati altri convegni in Italia e all’estero che hanno visto una crescita molto diffusa dell’interesse, in particolare in ambito universitario, per la ricerca in tutti gli ambiti toccati da Levi. E qui voglio sottolineare come la testimonianza sul Lager non vada in alcun modo perdendo la propria centralità nell’attenzione degli studiosi, ma trovi modi ulteriori per essere approfondita grazie ai nuovi punti di vista assunti via via soprattutto dai ricercatori più giovani, attivi nel campo della letteratura, della scienza, della filosofia e delle altre discipline umanistiche. Proprio il numero crescente di giovani studiosi rappresenta peraltro una condizione quanto mai promettente per il futuro. È come se si andasse affermando una nuova generazione capace di indagare nelle pieghe dell’opera o di impostare nuovi temi capaci di percorrerla trasversalmente, facendone emergere nuovi risvolti e nuove potenzialità.
In Italia e nel mondo
Il bilancio si presenta tanto più interessante grazie anche alla diffusione in tutto il mondo dell’impegno a celebrare la figura dello scrittore torinese. Incontri di lettura e di studio si sono tenuti in molte citta come Parigi, Rio, Pechino, Bruxelles, Città del Capo, Istanbul, Berlino e via dicendo. Un ruolo essenziale hanno avuto in questo gli Istituti Italiani di cultura, i quali però in molti casi sono intervenuti in appoggio a iniziative prese da altri. Come dire che Primo Levi è sicuramente riconosciuto come un riferimento essenziale dalle istituzioni culturali che rappresentano l’Italia all’estero, ma è oramai percepito come una figura importante da Università o altre realtà culturali profondamente radicate nella cultura di altri paesi.
Voglio citare qui due esempi in particolare. Quello della PUC (Pontificia Università Cattolica) di Rio de Janeiro, che ha voluto dedicare ben quattro giorni alla figura di Levi, considerata dai più diversi punti di vista nell’intento di coinvolgere studiosi – anche non pochi giovani dottorandi – e molti pubblici differenti, interessati ad ambiti disciplinari assai lontani l’uno dall’altro. E, ancora, vale la pena sottolineare l’esempio del Centre Primo Levi di Parigi, impegnato da venticinque anni nell’aiuto e nella riabilitazione di uomini e donne che hanno subito torture, spesso conseguenza di persecuzioni politiche o di dolorosi percorsi di migrazione. Proprio in occasione del centenario il Centre parigino ha voluto consolidare il proprio legame con l’opera e l’autore cui ha scelto di ispirarsi sin dai primi momenti della propria esistenza, promuovendo un incontro internazionale dedicato in parte al proprio ambito di lavoro e, in un’altra parte, allo studio di Levi.
Una pluralità di interlocutori
Quanto si è detto sin qui credo abbia aiutato il lettore a misurare la varietà dei soggetti che hanno promosso le iniziative per il centenario e ancor più di quelli che vi hanno partecipato. Ne abbiamo già accennato: non accade sovente che uno scrittore, a cent’anni dalla nascita, susciti tanto interesse. La spiegazione di una tale particolarità sta forse nel fatto che Primo Levi è stato molto altro oltre che uno scrittore. E che, anzi, la sua capacità di tradurre in un linguaggio limpido e coinvolgente le tante sfumature della realtà concreta che è anche la nostra ha aiutato a esaltare la pluralità dei suoi interessi e dei ruoli che ancora oggi riesce a ricoprire agli occhi di chi si avvicina alla sua opera.
A colpire è innanzitutto che fra i lettori dei suoi libri ci siano persone di tutte le età. E questo si è visto fra i tanti che hanno partecipato alle iniziative del centenario: molti i giovani e gli studenti, aiutati a scoprire lo scrittore dalla scuola e quasi sempre interlocutori partecipi e attivi; e tanto più partecipi quanto adeguato ed esteso è l’impegno di far conoscere un autore che ha solo bisogno di essere presentato. Le sue parole sanno poi imporsi da sole. Semmai può essere utile uno sforzo ulteriore per farle fruttare accompagnando le riflessioni e la discussione che da esse può nascere fra i ragazzi.
C’è poi un altro aspetto rilevante. L’opera di Levi accomuna le persone più colte, esperte in diverse discipline di ambito scientifico e umanistico, e quelle che non vedono nello scrittore prima di tutto un oggetto di studio, o non sanno coglierne con piena cognizione di causa il retroterra culturale, ma ne apprezzano senza sforzo la ricchezza e la profondità di pensiero. Questo grazie anche alla pacata chiarezza e all’ironia della prosa che aiutano ad animare il dialogo con i lettori.
Un nuovo inizio
Guardando all’insieme di quanto è avvenuto nell’anno del centenario si può dire senz’altro, per concludere, che non si è trattato di un punto di approdo o di un bilancio conclusivo. È stato viceversa un momento di passaggio particolarmente favorevole nel quale si è offerta la possibilità di misurare le tante dimensioni del rapporto fra lo scrittore e i suoi molti pubblici. Un rapporto che avrà modo di crescere nel prossimo futuro per sue proprie ragioni, ma che potrà svilupparsi tanto più efficacemente se si terrà conto delle indicazioni emerse in questo anno e si sapranno intraprendere adeguate iniziative di sostegno.
Programma delle iniziative per il Centenario, promosse dal Centro e dal Comitato Nazionale per le celebrazioni, a Torino e in tante altre città d’Italia e di tutto il mondo.