Vizio di forma
Vizio di forma è la seconda raccolta di racconti fanta-tecnologici e fanta-biologici di Primo Levi; a differenza di Storie naturali, pubblicato cinque anni prima sotto pseudonimo, porta il suo nome in copertina. I racconti sono venti, scritti tra il 1968 e il 1970.
Diamo qui il risvolto della prima edizione, uscita nel 1971 da Einaudi nella collana «I coralli»: è anonimo, ma lo si può attribuire con ottima probabilità all’autore.
«Ci saranno storici futuri, diciamo nel prossimo secolo? Non è del tutto certo: l’umanità potrebbe aver perduto ogni interesse per il passato, occupata come sarà sicuramente a dipanare il gomitolo del futuro; o perduto il gusto per le opere dello spirito in generale, essendo intesa unicamente a sopravvivere; o cessato di esistere. Ma se storici si troveranno, si dedicheranno assai poco alle guerre puniche, o alle crociate, o a Waterloo, ed invece porranno al centro della loro attenzione questo ventesimo secolo, e più precisamente il decennio che è appena incominciato.
Sarà un decennio unico. Nel giro di pochi anni, quasi da un giorno all’altro, ci siamo accorti che qualcosa di definitivo è successo, o sta per succedere: come chi, navigando per un fiume tranquillo, si avvedesse d’un tratto che le rive stanno fuggendo all’indietro, l’acqua si è fatta piena di vortici, e si sente ormai vicino il tuono della cascata. Non c’è indice che non si sia impennato: la popolazione mondiale, il Ddt nel grasso dei pinguini, l’anidride carbonica nell’atmosfera, il piombo nelle nostre vene. Mentre metà del mondo attende ancora i benefici della tecnica, l’altra metà ha toccato il suolo lunare, ed è intossicata dai rifiuti accumulati in pochi lustri: ma non c’è scelta, all’Arcadia non si ritorna, ancora dalla tecnica, e solo da essa, potrà venire la restaurazione dell’ordine planetario, l’emendamento del "vizio di forma". Davanti all’urgenza di questi problemi, gli interrogativi politici impallidiscono. È questo il clima in cui, letteralmente od in ispirito, si collocano i venti racconti di Primo Levi che presentiamo. Al di là del velo dell’ironia, è vicino a quello dei suoi libri precedenti: vi si respira un’aura di tristezza non disperata, di diffidenza per il presente, e ad un tempo di sostanziale confidenza per il futuro: l’uomo fabbro di se stesso, inventore ed unico detentore della ragione, saprà fermarsi a tempo nel suo cammino "verso l’occidente"».
Risvolto della prima edizione Einaudi 1971, collana «Coralli», anonimo ma scritto probabilmente da Primo Levi.
Di seguito offriamo un testo firmato Primo Levi: la parte conclusiva della Lettera 1987 indirizzata all’editore in occasione di una ristampa del volume, pubblicata poche settimane prima della sua scomparsa.
«La tua proposta, di ristampare dopo più di quindici anni Vizio di forma, mi rattrista e mi rallegra insieme.
[...] Mi rallegra perché rivive così il più trascurato dei miei libri, il solo che non è stato tradotto, che non ha vinto premi, e che i critici hanno accettato a collo torto, accusandolo appunto di non essere abbastanza catastrofico. Se lo rileggo oggi, accanto a parecchie ingenuità ed errori di prospettiva, ci trovo qualcosa di buono. I bambini sintetici sono una realtà, anche se l'ombelico ce l'hanno. Sulla luna ci siamo andati, e la terra vista di lassù deve proprio assomigliare a quella che io ho descritta; peccato che i Seleniti non esistano, né siano mai esistiti. Gli aiuti ai paesi del terzo mondo incontrano spesso il destino che ho delineato nella doppietta Recuenco. Col dilagare del terziario, i "lumini rossi" sono aumentati di numero, ed è addirittura apparsa sui giornali, nel 1981, la notizia di un sensore identico a quello che io avevo descritto. Siamo ancora lontani da una realizzazione del racconto A fini di bene ma ("così s'osserva in me lo contrappasso") dopo alcune esitazioni la Sip ha assegnato alla mia seconda casa un numero telefonico che è l'esatto anagramma del mio di Torino.
Quanto a Ottima è l'acqua, poco dopo la sua pubblicazione lo "Scientific American" ha riportato la notizia, di fonte sovietica, di una "poliacqua" viscosa e tossica, simile per molti versi a quella da me anticipata: per fortuna di tutti, le esperienze relative si sono dimostrate non riproducibili e tutto è finito in fumo. Mi lusinga il pensiero che questa mia lugubre invenzione abbia avuto un effetto retroattivo e apotropaico. Si rassicuri quindi il lettore: l'acqua, magari inquinata, non diventerà mai viscosa, e tutti i mari conserveranno le loro onde.
Primo Levi
Torino, gennaio 1987»
Brano tratto dalla Lettera 1987 all’Editore premessa alla ristampa Einaudi 1987, collana «Nuovi Coralli».