Conversazioni con Primo Levi
Alcune delle più interessanti domande/risposte formulate a/da Primo Levi in oltre venticinque anni di interviste e conversazioni, interrogabili per argomento e con tutti i riferimenti per approfondire
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Quale riconoscimento alla Sua opera ricorda con più viva emozione?
Probabilmente il Campiello ’63, ma, precedentemente, la prima recensione avuta per Se questo è un uomo, su «La Stampa», ad opera di Arrigo Cajumi, che mi promosse scrittore. È stata un’emozione superiore a quella dei premi letterari che sono seguiti e che naturalmente ho accettato volentieri, ma che spesso risultano cerimonie ibride, letterarie e mondane al medesimo tempo, in cui ci si stanca, in cui si viene presentati a centinaia di persone che poi dimentichiamo. La recensione del critico intelligente vale molto, è un grande dono.
Qual è il ricordo di un suono, di una parola, piú precisa di Auschwitz? Qual è il ricordo che Le torna più spesso alla memoria?
Come parole, i comandi. Come suono, le marce che suonava l'orchestra ogni mattina e ogni sera, era una dozzina forse, una quindicina, sempre le stesse. Io non so scrivere musica, ma potrei dettarle benissimo. Ho scritto in Se questo è un uomo che è l’ultima cosa che dimenticheremo. Sono passati quarant’anni e posso confermarlo.
Quali sono i primi sentimenti e le prime sensazioni che prova adesso quando pensa al Lager?
[…] In primo luogo ho sviluppato dei terribili calli, una callosità, perché ho parlato di queste cose con parecchie centinaia di persone e il mio libro, Se questo è un uomo, è stato tradotto in molte lingue, ne ho parlato pubblicamente, è stato ridotto per radio e per teatro, ha avuto, insomma, una lunghissima storia e oramai il Lager sta dietro a tutta questa barriera di destini successivi. Per questo dico che è inquinato il mio ricordo del Lager, si confonde con quello del libro. Devo fare uno sforzo per pensare adesso a quella condizione e per ricostruirla e devo dire che Se questo è un uomo mi funge da memoria artificiale perché se non l’avessi scritto, avrei finito col dimenticare qualche cosa.
Ha ancora dei contatti con i compagni del Lager?
Henek l’ho perso di vista completamente. Ho ritrovato invece quel Pikolo, quello del canto di Ulisse; con lui ci vediamo sovente; viene a fare le vacanze in Italia e fa il farmacista in un piccolo paese vicino a Strasburgo. È uno di quelli che hanno rimosso tutto: […].