Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l'Europa
Per la prima volta, un’intera mostra viene dedicata a Primo Levi scrittore di lettere.
Realizzata con documenti in gran parte inediti, Giro di posta offre una vasta trama di carteggi privati che soltanto oggi diventano pubblici, e che raccontano l’Europa e la Germania divise in due. A tessere la trama sono gli interlocutori tedeschi e germanofoni di Levi, ma non soltanto loro. Le corrispondenze qui esposte – messaggi scarabocchiati a matita su fogli di fortuna o impeccabili lettere battute a macchina su carta intestata – attraversano quasi mezzo secolo di storia europea.
Auschwitz, esperienza di cui Levi non smise mai di indagare i segreti e i significati, è il fuoco geometrico della vicenda. Se questo è un uomo suonava fin dal titolo come una domanda rivolta al lettore, ma i fatti del libro erano avvenuti in tedesco e per mano di tedeschi, e dunque a loro quella domanda doveva arrivare. Nel 1959 fu avviata finalmente la traduzione del libro in tedesco, che uscì nel 1961, lo stesso anno in cui venne costruito il Muro di Berlino.
Da quel momento in poi, una «intricata rete epistolare» mise Primo Levi in contatto con un gran numero di interlocutori notevoli: lettrici e lettori comuni, lettori che erano anche scrittori, ex compagni di Lager, e persino qualcuno che in Auschwitz stava «dall’altra parte». Conoscendo Levi, non c’è da meravigliarsi che tra i suoi corrispondenti lo attraessero in particolare i più lontani per mentalità o per geografia.
Il «giro di posta» del titolo si presenta insomma come un’ampia discussione sulla Shoah e sul suo posto in un’Europa da ricostruire dopo la guerra, ma ben presto divisa in due blocchi contrapposti. E si presenta come una rete per molte ragioni: perché ci sono circuiti di posta dove una stessa lettera viene spedita a più destinatari per sollecitarli a dire la loro; perché copre come un reticolato aree della Germania a Est e a Ovest, sconfinando in ulteriori paesi; perché vi si intrecciano le quattro lingue – l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco – adoperate da Levi.
Una lettera in particolare contiene l’essenza di questo Giro di posta. Tra le lettere private di Levi, è infatti la prima che si trasformò in un testo pubblico. È quella che il 13 maggio 1960 Levi scrisse a Heinz Riedt, il traduttore di Se questo è un uomo in tedesco, per ringraziarlo del suo lavoro. Furono sufficienti pochi segni tracciati da Levi sul secondo foglio per trasformarla nella prefazione all’edizione tedesca del suo libro «primogenito».
Quella prefazione fu una lettera aperta che Primo Levi inviò ai tedeschi con la richiesta di capirli, e fu una lettera alla quale le sue lettrici e i suoi lettori, nessuno escluso, risposero, smentendo le parole iniziali del testo: «… E così abbiamo finito». Proprio in quel momento, invece, tutto ricominciava per Levi e per il suo cammino come classico europeo.
La mostra comprende cinque sezioni:
1. Primo Levi. Un precoce pensiero europeo
2. Hermann Langbein. Un uomo formidabile
3. Heinz Riedt. Un tedesco anomalo
4. Giro di posta (è quella che dà il titolo all'intero allestimento)
5. Le lettrici e i lettori.
L’allestimento prevede un percorso di accessibilità per il pubblico con disabilità visiva: mappe e QR-code tattili rendono possibile accedere dal proprio dispositivo mobile a contenuti audio per ciascuna sezione.
Giovedì 23 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, apre al pubblico la mostra Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l'Europa, ideata e promossa dal il Centro Internazionale di Studi Primo Levi nell'ambito del progetto ERC Starting Grant LeviNeT di Martina Mengoni. La mostra è a cura di Domenico Scarpa.