La ricezione di Primo Levi in Romania

di Mirona Ioanoviciu

In Romania la ricezione di Primo Levi, testimone eccezionale della Shoah e scrittore fondamentale nell’analisi e nella comprensione della natura umana, solleva alcune questioni complesse, collegate all’assenza o alla presenza dello scrittore torinese nello scenario di un paese dell’Est Europa.
Un primo aspetto della diffusione dell’opera leviana riguarda la scoperta tardiva che ne è stata fatta in Romania, come negli altri stati dell’area, per ragioni di natura politica: per lunghi anni, infatti, è stata forte la pressione imposta dalla censura in relazione al tema della deportazione degli ebrei, un argomento considerato allora come un tabù. Durante il comunismo, la storiografia ufficiale non ha mai parlato della Shoah e la storia della letteratura non ha mai toccato l’argomento studiando le opere degli scrittori romeni di origine ebraica come testimonianza dello sterminio nazista. Se, ufficialmente, si pretendeva che le discriminazioni fossero definitivamente abolite, nella realtà queste continuavano a esistere, sia a causa del perpetuarsi dell’inveterato atteggiamento xenofobo, sia a causa della delicatezza del tema: si è giunti così a una forma di discriminazione più sottile, resa possibile dall’omissione e dall’ignoranza completa di quanto era accaduto. In Romania non ci si poneva nemmeno il problema di affrontare il recente passato poiché veniva del tutto ignorato.

Nel 1989 la caduta del comunismo determinò una rivalutazione della storia e una prospettiva rinnovata del passato manipolato e falsificato dall’ideologia e dagli interessi del partito unico dello stato totalitario. La cronaca degli anni neri del nazismo ha rivitalizzato i dibattiti sull’antisemitismo e sulla Shoah in Romania, argomenti fissati nei cliché dell’epoca comunista in cui la dimensione dei massacri e delle deportazioni fu minimizzata, parlando genericamente di “eccessi” per non intaccare “l’immagine della nazione”. Si può dire che solo alla fine degli anni Novanta la storiografia, capendo la profondità e la gravità di questo capitolo della storia, ha cominciato a interessarsi e a occuparsi in modo più incisivo delle vittime della Shoah, facendo così i conti con il passato. Un’altra ragione della scoperta tardiva dell’opera di Primo Levi è l’atmosfera ideologizzata degli anni Cinquanta del secolo scorso, caratterizzata non solo da un totale isolamento della Romania dal mondo occidentale (anche da un punto di vista culturale), ma anche da un periodo di stasi per la letteratura straniera e di involuzione per quella romena.1Con la proclamazione della Repubblica Popolare Romena nel 1947, il Partito Comunista iniziò la “sovietizzazione” del paese tramite l’applicazione del modello socialista nella vita politica, economica e culturale. Ciò determinò non solo la nazionalizzazione delle banche, delle imprese, delle case editrici, l’estensione della censura su tutte le pubblicazioni, ma anche arresti massicci e crudeli persecuzioni di ogni nemico reale o presunto del regime. Nella società si infiltrarono agenti e informatori della polizia segreta, la Securitate. Vennero coinvolti tutti gli strati della società (insegnanti, preti, ex politici ecc.), ma i gruppi più sorvegliati erano gli intellettuali, soprattutto dopo il 1956, con la rivolta anticomunista di Budapest che aveva condotto a una reazione spontanea di ottimismo, nella speranza di un cambiamento, con la fine del periodo buio degli abusi e la creazione di una società democratica. La sconfitta, però, provocò amare delusioni, trasformatesi ben presto in paura e terrore. Come reazione alla rivolta anticomunista in Ungheria, in Romania scoppiarono proteste in alcuni centri universitari, che portarono a numerosi arresti ed espulsioni. Le prigioni esistenti si affollarono di detenuti “politici” e si creò un nuovo sistema di campi e prigioni per i lavori forzati, progettato sul modello sovietico dei gulag. L’inutile progetto di escavazione del canale Danubio-mar Nero fu il pretesto per l’allestimento di diversi campi di lavoro, dove trovarono la morte moltissime persone. I campi di prigionia più famosi sono stati quelli di Sighet, Gherla, Aiud e Piteşti.
Un altro evento esterno rilevante fu rappresentato dalla consegna del Premio Nobel, nel 1958, al russo B. Pasternak per il romanzo Il dottor Zivago: ciò suscitò tra i comunisti la paura della possibilità di una ripetizione di un evento simile anche in Romania. Da qui ebbe inizio un’altra campagna di terrore contro gli intellettuali romeni considerati pericolosi leader sovversivi. Si veda in proposito K. Verdery, Compromis și rezistență. Cultura română sub Ceaușescu (Compromesso e resistenza. La cultura romena sotto Ceausescu), Humanitas, Bucarest 1994.
Inoltre, non è da trascurare il fatto che l’editoria romena, nel frattempo interamente statalizzata, era sotto la direzione del Ministero della Cultura che, dal canto suo, doveva sottostare alle rigide disposizioni del partito unico. Si deve poi aggiungere che, di solito, le decisioni nel campo della cultura venivano prese da politici impreparati e privi di una formazione professionale adeguata. Questa regressione culturale ha sicuramente avuto un’influenza negativa sulla possibilità di accedere all’opera di Primo Levi.

Il periodo di apertura culturale degli anni Sessanta e dell’inizio degli anni Settanta2Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, il consolidamento del regime comunista rafforzò la volontà di distacco dal modello sovietico e di avvicinamento all’Occidente. Ciò causò un certo rilassamento della politica interna di repressione con la liberazione, nel 1964, dei prigionieri politici dalle carceri per offrire all’estero un’immagine positiva, incarnata da un certo slancio culturale con l’apertura verso idee e scrittori occidentali. Si instaurarono anche buone relazioni con i governi occidentali e con istituzioni quali il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. L’apertura diplomatica non ebbe, tuttavia, effetti sulla società romena, che rimase una delle più isolate al mondo: non si trattò infatti di una liberalizzazione reale della vita pubblica, perché il modello sovietico continuava a essere dominante e il ritorno al clima degli anni Cinquanta era possibile in qualsiasi momento. Il periodo di libertà e di apparente prosperità non durò a lungo. Si veda in proposito K. Verdery, Compromis și rezistență. Cultura română sub Ceaușescu cit.  non portò alcuna novità riguardo alla diffusione degli scritti di Levi. Quando si poteva talvolta accedere a informazioni di libri stampati oltre la frontiera romena, quando gli studiosi avevano modo ogni tanto di partecipare a qualche convegno all’estero o quando entravano nell’editoria nuovi redattori competenti, nessuno però fu mai in grado di venire a contatto con l’opera di Primo Levi. Neanche gli ambiti universitari facevano eccezione. Ciò nonostante, il nome dello scrittore torinese apparve per la prima volta nel 1969 nella Istoria literaturii italiene (Storia della letteratura italiana) diretta dall’italianista N. Façon. In una sola riga del testo si allude ai libri di Levi che trattano il tema dei lager. Si può dedurre così che alla fine degli anni Sessanta il nome di Primo Levi, anche se solo di sfuggita, sia arrivato in Romania.

Ci vorranno altri cinque anni per giungere alla pubblicazione della versione romena del libro più noto dello scrittore torinese, Se questo è un uomo (Mai este oare acesta un om?), con la traduzione dell’italianista Doina Condrea Derer, la più attiva promotrice dell’opera leviana in Romania. Nel 1971 la traduttrice aveva ricevuto una lettera da una parente di Levi, una docente torinese, che le chiedeva di far promuovere e tradurre il testo in Romania. Superati i filtri della censura grazie al Ministero della Cultura che etichetta pretestuosamente il libro quale opera di finzione, l’opera non viene inviata alla casa editrice Politica ma alla casa editrice statale Univers: così Se questo è un uomo viene pubblicato da una delle più importanti case editrici del tempo. Nel 1974 il libro conobbe una notevole fortuna e, da molti anni, è disponibile solo nelle biblioteche.
L’opera leviana è stata dunque diffusa e tradotta in Romania grazie al fortunato momento in cui la parente dello scrittore torinese si è messa in contatto epistolare con la Derer e grazie al difficile impegno di quest’ultima nell’offrire al pubblico la versione romena del libro. Non è stato possibile risalire al nome della parente citata poiché gli appunti della traduttrice, nel periodo compreso tra il 1969 il 1970, sono andati perduti.

Per tradurre in romeno Se questo è un uomo, la Derer collaborò, per via epistolare, con Primo Levi stesso. Il loro carteggio, che risale ai primi anni Settanta, è inizialmente segnato da una “reciproca incomprensione”4D. C. Derer, Primo Levi in Romania, in La manutenzione della memoria. Diffusione e conoscenza di Primo Levi nei paesi europei, a cura di G. Tesio, Centro Studi Piemontesi, Torino 2005, p. 153. , poiché lo scrittore temeva di essere tradotto male, come era già accaduto per il traduttore tedesco, di cui Primo Levi non si era subito fidato. Mandandogli man mano la traduzione per controllarne la fedeltà, lo scrittore si rese poi conto che i suoi sospetti erano infondati e manifestò la sua soddisfazione per la traduzione tedesca. Levi espresse le stesse paure anche nel caso del traduttore romeno: pensava che Doina Derer non riuscisse a rendere dal testo originale una traduzione fedele (in Romania, durante il comunismo, l'argomento del libro era quasi sconosciuto). Da qui si manifestò la preoccupazione dello scrittore riguardo al rischio del traduttore di non cogliere il vero significato dei suoi messaggi e di alterare il senso delle sue parole. Perciò chiese, com’era peraltro suo metodo, di avere una copia della traduzione, una grammatica e un dizionario romeni per verificare il testo tradotto.
Inviandogli tutto ciò, la Derer precisò che i testi richiesti erano opera sua, gli unici stampati in quel periodo. In seguito la traduttrice spiegò allo scrittore di aver reso il testo con grande senso di responsabilità e di averne capito perfettamente la tensione psicologica mentre, nel 1973, non era riuscita a comprendere pienamente i “timori del sopravvissuto”. Tutto le fu più chiaro dopo la lettura dell’ultima opera leviana (I sommersi e i salvati), dove appaiono queste paure di fronte alla prospettiva di essere tradotto in tedesco; la Derer affermò di provare «un flagellante senso di colpa»5Ibidem. . Levi fu comunque soddisfatto della sua traduzione.

Dopo la traduzione di Se questo è un uomo, nel 1982 l’opera di Primo Levi fu recensita in una decina di righe nel Dicționar enciclopedic al literaturii italiene (Dizionario enciclopedico della letteratura italiana) diretto dalla Façon:

Levi Primo (Torino 1919-), chimico, deportato nel 1944 nel lager di Auschwitz. Se questo è un uomo? (Mai este oare acesta un om?, 1947) è la storia del tempo ivi trascorso  e La tregua (Armistițiul, 1963) racconta il ritorno in patria. Scritti in uno stile sobrio, ambedue i libri sono l’opera di un intellettuale antifascista di squisita qualità umana. Se i primi scritti scaturiscono dall’esigenza intima di far conoscere una realtà dolorosa, i seguenti ci fanno vedere in P. L. lo scrittore per vocazione. Ai volumi di “fantasie tecnologiche”, Storie naturali, 1966 (apparso sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila) e Vizio di forma, 1971, seguirono Il sistema periodico, 1975, e il romanzo La chiave a stella, 1979, elogio del lavoro e della passione per esso6N. Façon, Dicționar enciclopedic al literaturii italiene, Editura Științifică și Enciclopedică, Bucarest 1982, p. 231. .

Subito dopo la morte tragica dello scrittore (1987), l’Istituto Italiano di Cultura, nonostante gli ostacoli esistenti per qualsiasi istituzione estera operante nella Romania comunista, organizzò una conferenza a lui dedicata, durante la quale la Derer presentò l’ultimo libro di Levi, I sommersi e i salvati. Alcuni passaggi dell’opera vennero subito tradotti per la rivista «Secolul XX», la migliore e più “aperta” al momento dei fatti; le pagine tuttavia non furono pubblicate e la traduttrice non chiese mai spiegazioni, ben consapevole del fatto che i redattori erano condizionati dalla rigida atmosfera politica del tempo.
L’interesse esistente per l’opera di Primo Levi si concretizzò nel 2004, con la ristampa del testo rivisto di Se questo è un uomo e la pubblicazione, per la prima volta in romeno, del romanzo La Tregua (Armistițiul) presso la nota casa editrice Polirom di Iaşi. Le traduzioni appartengono alla stessa Derer. Questi due libri sono i soli romanzi disponibili in lingua romena. Alla loro comparsa, vi furono quattro recensioni positive in riviste letterarie di prestigio7Recensioni su Se questo è un uomo: G. Sârbu, Un roman-mărturie (Un romanzo-testimonianza), in «Observator cultural», n. 210, marzo 2004; G. Sârbu, Despre lagăre și supraviețuitori (Sui lager e i sopravvissuti), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.
Recensioni su La tregua: C. Cercel, Proză. Primo Levi, Armistițiul (Prosa. Primo Levi, La tregua), in «Observator cultural», n. 234, agosto 2004; C. Popa, Meseria de a trăi (Il mestiere di vivere), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.
.

Oggi in Romania Primo Levi è un autore non molto noto né studiato per diverse ragioni. Nonostante le due traduzioni citate, esse non sono reperibili nelle librerie e non tutte le biblioteche ne dispongono di una copia. Inoltre, va ricordato che gli studenti, anche se vogliono leggere romanzi in italiano, non possono acquistare in libreria volumi stampati in Italia. Ciò può essere anche una motivo del quasi mancato studio dell’opera leviana nelle università romene dove, benché non si tengano corsi monografici su Primo Levi, lo scrittore viene studiato, insieme ad altri autori del Novecento, presso la Facoltà di Lettere di Bucarest, Iaşi, Constanţa e Timişoara. L’autore, però, non è incluso nei programmi di studi accademici di Cluj Napoca e Oradea.

Lo studio della figura e dell’opera di Levi, pur non essendo approfondito nelle università, è tuttavia presente nel panorama culturale romeno. Nell’ottobre del 2011, in occasione del Giorno della Memoria in Romania8Il Giorno della Memoria, istituito in Romania nel 2004, viene celebrato il 9 ottobre di ogni anno, giorno che ricorda il 9 ottobre 1941, l’inizio della deportazione forzata degli ebrei di Bucovina meridionale, territorio sotto l’amministrazione romena, allora come adesso, verso la Transnistria. , l’opera leviana, assieme a quella di Elie Wiesel, è stata argomento di una trasmissione televisiva intitolata Lumea din cărți (Il mondo dai libri). Inoltre, nel 2005, al Teatro Nazionale Radu Stanca di Sibiu e a quello di Oradea e Arad è stato messo in scena lo spettacolo drammatico Shoah. Versiunea Primo Levi (Shoah. La versione Primo Levi), del regista M. Măniuţiu. Si tratta di un adattamento di alcune interviste con Primo Levi, interpretato da M. Râlea. Tali interviste, che stanno alla base dello scenario drammatico, sono state però raccolte in rete e poi tradotte da A. Maniuţiu. Lo spettacolo vuole riportare all’attenzione del pubblico l’esperienza della Shoah, dei lager nazisti dalla prospettiva del sopravvissuto Primo Levi. Soffermandosi su ciò che vuol dire essere ebreo – condizione scoperta dallo scrittore solo ad Auschwitz –, sull’essere umiliato e ridotto alla condizione di sotto-uomo, sull’essere fragile quando si è spogliati da qualsiasi difesa e appoggio, lo spettacolo intende fare appello alla memoria: è necessario ricordare per non ripetere l’orrore. Nell’ottobre del 2007 e del 2010, in occasione del Giorno della Memoria, lo spettacolo è stato rimesso in scena al Teatro Nazionale di Sibiu. Sono state pubblicate due recensioni10M. Constantinescu, După Auschwitz (Dopo Auschwitz), in «România literară», n. 22, giugno 2005; M. Morariu, Gândiţi-vă că toate astea au fost aievea! (Pensate che tutto ciò avveniva da sempre!), in «Familia», n. 2, febbraio 2005.  positive su questa rappresentazione che, sicuramente, ha avuto un efficace e forte impatto sul pubblico romeno, venuto a contatto con un argomento quale la Shoah quasi sconosciuto poiché assai poco diffuso presso scuole11Nel 2004 è stato stampato e introdotto nel programma scolastico il primo manuale sulla storia della Shoah per gli studenti del liceo.  e mass media in genere.
Questi eventi rappresentano sicuramente un importante passo in avanti per capire come Primo Levi sia il pilastro da cui si deve sempre partire per avere punti di riferimento etici. L’insegnamento dello scrittore torinese viene confermato dalla testimonianza di un autore e di una lettrice romeni.

Nel saggio Primo del libro Datoria de a ezita (Il dovere di esitare), l'autore E. Bernstein (alias B. Elvin), evidenzia come i testi di Primo Levi, letti nel 1988, gli hanno fatto comprendere che «il dovere dell’intelligenza è di cercare il senso della mancanza di senso […] di scoprire la logica dell’illogico»13B. Elvin, Datoria de a ezita (Il dovere di esitare), Hasefer, Bucarest 2003, p. 39. . Al momento della lettura dei romanzi, Elvin viveva sotto un altro regime totalitario, in cui i principi e le azioni fondamentali, il pensiero dominante e il vocabolario contraddicevano e manipolavano la realtà («un motivo in più per diventare sensibile alla correttezza dei giudizi e delle parole dello scrittore»14Ibidem. ). Secondo lo studioso romeno, l’opera di Levi supera qualsiasi scrittura sull’universo concentrazionario nazista, poiché le sue pagine portano un’unica impronta, quella di voler capire al di là dell’indignazione, della rivolta o dell’impulso vendicatore: il bisogno di capire diventa la sua forza letteraria.

Un’altra testimonianza appartiene a M. Constantinescu, che ha scritto un articolo intitolato După Auschwitz (Dopo Auschwitz), pubblicato nel giugno del 2005 nella rivista «România literară». La lettrice racconta il suo incontro con i libri di Primo Levi grazie a un collega studente di italiano presso la Facoltà di Lettere di Bucarest che, nel 1988, raccontava, leggeva e traduceva passi dai libri e dalle interviste dello scrittore piemontese. All’epoca si viveva ancora sotto dittatura e, anche se si sapeva ben poco sulla recente storia degli ebrei, s’intuivano le “coordinate del crimine” e perciò si voleva approfondire il tema, ciò che era avvenuto in uno spazio della morte, l’inferno di Auschwitz. L’ultima opera di Primo Levi, I sommersi e i salvati, si soffermava non solo sull’immensa tragedia della Shoah, sui problemi storici del nazismo e dell’antisemitismo, ma prendeva in esame anche i crimini compiuti nei gulag, nel Medio e nell’Estremo Oriente, nell’America Latina. Queste pagine del rigoroso Primo Levi arrivavano a confermare le intuizioni e i giudizi dei romeni ancora isolati dal mondo occidentale.

Queste due testimonianze rappresentano la conferma della comprensione dell’insegnamento morale leviano, nella speranza in un mondo migliore, propenso alla tolleranza e al rispetto delle diversità, di un mondo che dipende da noi contribuire a migliorare, con il nostro modo di esplorarlo, negli abissi di ieri o nella proiezione del presente oppure nel futuro che intendiamo costruire.
Ringrazio in modo particolare il professor D. Meghnagi per il continuo sostegno nel mio percorso e per le indicazioni preziose offerte nella stesura del saggio. Ringrazio anche la signora Derer per avermi messo a disposizione preziose informazioni su Primo Levi, per la sua disponibilità e la sua gentilezza.

 

Opere di Primo Levi:

Mai este oare acesta un om?, trad. it. di D. C. Derer, Polirom, Iaşi 2004.

Armistițiul, trad. it. di D. C. Derer, Polirom, Iaşi 2004.

I sommersi e i salvati, in M. Belpoliti (a cura di), Opere, vol. II, Einaudi, Torino 1997.

Bibliografia:

M. Constantinescu, După Auschwitz (Dopo Auschwitz), in «România literară», n. 22, giugno 2005. manca il mese

C. Cristian, Proză. Primo Levi, Armistițiul (Prosa. Primo Levi, La tregua), in «Observator cultural», n. 234, agosto 2004.

D. C. Derer, Primo Levi in Romania, in La manutenzione della memoria. Diffusione e conoscenza di Primo Levi nei paesi europei, a cura di G. Tesio, Centro Studi Piemontesi, Torino 2005.

B. Elvin, Datoria de a ezita (Il dovere di esitare), Hasefer, Bucarest 2003.

N. Façon, Istoria literaturii italiene, Editura Științifică, Bucarest 1969.

N. Façon, Dicționar enciclopedic al literaturii italiene, Editura Științifică și Enciclopedică, Bucarest 1982.

M. Morariu, Gândiţi-vă că toate astea au fost aievea! (Pensate che tutto ciò avveniva da sempre!), in «Familia», n. 2, febbraio 2005.

C. Popa, Meseria de a trăi (Il mestiere di vivere), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.

G. Sârbu, Un roman-mărturie (Un romanzo testimonianza), in «Observator cultural», n. 210, marzo 2004.

G. Sârbu, Despre lagăre și supraviețuitori (Sui lager e i sopravvissuti), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.

K. Verdery, Compromis și rezistență. Cultura română sub Ceaușescu (Compromesso e resistenza. La cultura romena sotto Ceausescu), Humanitas, Bucarest 1994.


1Con la proclamazione della Repubblica Popolare Romena nel 1947, il Partito Comunista iniziò la “sovietizzazione” del paese tramite l’applicazione del modello socialista nella vita politica, economica e culturale. Ciò determinò non solo la nazionalizzazione delle banche, delle imprese, delle case editrici, l’estensione della censura su tutte le pubblicazioni, ma anche arresti massicci e crudeli persecuzioni di ogni nemico reale o presunto del regime. Nella società si infiltrarono agenti e informatori della polizia segreta, la Securitate. Vennero coinvolti tutti gli strati della società (insegnanti, preti, ex politici ecc.), ma i gruppi più sorvegliati erano gli intellettuali, soprattutto dopo il 1956, con la rivolta anticomunista di Budapest che aveva condotto a una reazione spontanea di ottimismo, nella speranza di un cambiamento, con la fine del periodo buio degli abusi e la creazione di una società democratica. La sconfitta, però, provocò amare delusioni, trasformatesi ben presto in paura e terrore. Come reazione alla rivolta anticomunista in Ungheria, in Romania scoppiarono proteste in alcuni centri universitari, che portarono a numerosi arresti ed espulsioni. Le prigioni esistenti si affollarono di detenuti “politici” e si creò un nuovo sistema di campi e prigioni per i lavori forzati, progettato sul modello sovietico dei gulag. L’inutile progetto di escavazione del canale Danubio-mar Nero fu il pretesto per l’allestimento di diversi campi di lavoro, dove trovarono la morte moltissime persone. I campi di prigionia più famosi sono stati quelli di Sighet, Gherla, Aiud e Piteşti.
Un altro evento esterno rilevante fu rappresentato dalla consegna del Premio Nobel, nel 1958, al russo B. Pasternak per il romanzo Il dottor Zivago: ciò suscitò tra i comunisti la paura della possibilità di una ripetizione di un evento simile anche in Romania. Da qui ebbe inizio un’altra campagna di terrore contro gli intellettuali romeni considerati pericolosi leader sovversivi. Si veda in proposito K. Verdery, Compromis și rezistență. Cultura română sub Ceaușescu (Compromesso e resistenza. La cultura romena sotto Ceausescu), Humanitas, Bucarest 1994.
2Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, il consolidamento del regime comunista rafforzò la volontà di distacco dal modello sovietico e di avvicinamento all’Occidente. Ciò causò un certo rilassamento della politica interna di repressione con la liberazione, nel 1964, dei prigionieri politici dalle carceri per offrire all’estero un’immagine positiva, incarnata da un certo slancio culturale con l’apertura verso idee e scrittori occidentali. Si instaurarono anche buone relazioni con i governi occidentali e con istituzioni quali il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. L’apertura diplomatica non ebbe, tuttavia, effetti sulla società romena, che rimase una delle più isolate al mondo: non si trattò infatti di una liberalizzazione reale della vita pubblica, perché il modello sovietico continuava a essere dominante e il ritorno al clima degli anni Cinquanta era possibile in qualsiasi momento. Il periodo di libertà e di apparente prosperità non durò a lungo. Si veda in proposito K. Verdery, Compromis și rezistență. Cultura română sub Ceaușescu cit.
3N. Façon, Istoria literaturii italiene, Editura Științifică, Bucarest 1969, p. 493.
4D. C. Derer, Primo Levi in Romania, in La manutenzione della memoria. Diffusione e conoscenza di Primo Levi nei paesi europei, a cura di G. Tesio, Centro Studi Piemontesi, Torino 2005, p. 153.
5Ibidem.
6N. Façon, Dicționar enciclopedic al literaturii italiene, Editura Științifică și Enciclopedică, Bucarest 1982, p. 231.
7Recensioni su Se questo è un uomo: G. Sârbu, Un roman-mărturie (Un romanzo-testimonianza), in «Observator cultural», n. 210, marzo 2004; G. Sârbu, Despre lagăre și supraviețuitori (Sui lager e i sopravvissuti), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.
Recensioni su La tregua: C. Cercel, Proză. Primo Levi, Armistițiul (Prosa. Primo Levi, La tregua), in «Observator cultural», n. 234, agosto 2004; C. Popa, Meseria de a trăi (Il mestiere di vivere), in «România literară», n. 49, dicembre 2004.
8Il Giorno della Memoria, istituito in Romania nel 2004, viene celebrato il 9 ottobre di ogni anno, giorno che ricorda il 9 ottobre 1941, l’inizio della deportazione forzata degli ebrei di Bucovina meridionale, territorio sotto l’amministrazione romena, allora come adesso, verso la Transnistria.
9Per seguire la trasmissione televisiva visitare il sito: http://lumeadincarti.newspascani.com...i-elie-wiesel/
10M. Constantinescu, După Auschwitz (Dopo Auschwitz), in «România literară», n. 22, giugno 2005; M. Morariu, Gândiţi-vă că toate astea au fost aievea! (Pensate che tutto ciò avveniva da sempre!), in «Familia», n. 2, febbraio 2005.
11Nel 2004 è stato stampato e introdotto nel programma scolastico il primo manuale sulla storia della Shoah per gli studenti del liceo.
12B. Elvin (1927-2011) è autore di otto volumi di critica letteraria, saggi, sette romanzi, un volume di racconti e numerosi studi e premesse a diversi libri. Dal 1992 è stato caporedattore dell’edizione romena della rivista «Lettre Internationale». Tra il 1969 e il 1989 ha pubblicato i celebri «Caietele Teatrului Național» («Quaderni del Teatro Nazionale») di Bucarest, la rivista trimestrale uscita in 80 numeri con 4 milioni di copie; all’interno della rivista non si menziona mai il nome di Nicolae Ceauscescu.
13B. Elvin, Datoria de a ezita (Il dovere di esitare), Hasefer, Bucarest 2003, p. 39.
14Ibidem.
Accedi o registrati per inserire commenti