La ricezione di Primo Levi in Svezia
Il 24 gennaio 2013 è stata presentata a Stoccolma, presso l’Istituto di cultura italiana, la prima edizione svedese di I sommersi e i salvati (De förlorade och de räddade), tradotto da Barbro Andersson per i tipi di Albert Bonniers, la più importante casa editrice del paese nel settore della letteratura. Il testo è inserito in un volume, dal titolo Tre böcker (Tre libri), che raccoglie anche una ristampa di Se questo è un uomo e La tregua, pubblicati per la prima volta in Svezia dallo stesso editore rispettivamente nel 1988 e nel 1991, ma con traduzione di Ingrid Börge. La trilogia è preceduta da un’Introduzione di Göran Rosenberg, pubblicista e scrittore di famiglia ebreo-polacca: con il libro che racconta la storia dei suoi genitori, sopravvissuti al lager, Una breve sosta sulla strada da Auschwitz, Rosenberg ha vinto nel 2012 l’”Augustpriset”, il più importante premio letterario per romanzi in lingua svedese.
Davanti a un pubblico composto per metà da autoctoni per metà da italiani residenti in Svezia, il direttore dell’Istituto, Sergio Scapin (subentrato nel dicembre del 2012 a Paolo Grossi, che, prima di congedarsi, ha promosso questa iniziativa), ha introdotto i due relatori: il direttore del Centro internazionale di studi Primo Levi, Fabio Levi, e Jane Nystedt, professore emerito dell’Università di Stoccolma, dove ha insegnato per molti anni Italiano; di Primo Levi Nystedt ha analizzato – in articoli su quotidiani così come in saggi scientifici - in particolare lo stile, nonché la ricezione in Svezia.
Mentre Fabio Levi ha illustrato la struttura dell’opera, soffermandosi sui temi della comunicazione in un contesto estraniante – e assordante - come quello del lager, della gratuità della violenza, e della difficoltà, avvertita in modo crescente da Primo Levi, di continuare a trasmettere l’esperienza dell’annientamento dell’essere umano alle nuove generazioni, Jane Nystedt ha ricostruito le vicende editoriali dell’opera dello scrittore torinese in Svezia, non senza qualche commento polemico per la tardiva pubblicazione di I sommersi e i salvati (le cui tesi tuttavia già circolavano nel dibattito svedese, grazie a traduzioni in altre lingue).
Come ha ricordato il critico letterario Kaj Schuelen in un lungo articolo dedicato a Primo Levi, in occasione dell’uscita della trilogia in lingua svedese, l’interesse per la letteratura sull’Olocausto in Svezia è stato piuttosto tardivo, anche se, all’inizio degli anni Sessanta, il processo a Adolf Eichmann ha contribuito in modo decisivo a destare l’attenzione dell’opinione pubblica per il tema. Primo Levi compare per la prima volta sui media svedesi solo nel 1969, quando Göran Börge, critico letterario e scrittore, amante della cultura italiana, e dell’opera di Primo Levi, dedica uno degli articoli di una serie incentrata sulla nuova letteratura italiana a Se questo è un uomo, di cui raccomanda – senza successo, all’epoca – la pubblicazione in Svezia.
Dovranno passare molti anni prima che un’opera di Levi sia tradotta in svedese: Se non ora, quando? esce infatti nel 1986 (anch’essa per i tipi di Bonniers); l’autore si reca a Stoccolma per il lancio del volume, che viene presentato nella sede dell’Istituto di cultura italiana.
Se le circostanze della morte di Levi ricevono un’attenzione tutto sommato circoscritta, l’anno seguente (1988) grande rilievo viene invece dato alla pubblicazione di Se questo è un uomo, che negli anni si impone presso il pubblico svedese come un libro che “dovrebbe essere consegnato a ogni maturando”, “un capolavoro della letteratura su qualcosa che non può essere afferrato fino in fondo”. Nel 1991 è la volta di La tregua (un buon successo ottiene anche, alcuni anni dopo, il film realizzato da Francesco Rosi), di cui vengono apprezzati a un tempo la carica etica e lo stile:
Non si può che rimanere ammirati dalla sua prestazione letteraria. Così come dal suo atteggiamento umano, dalla totale assenza di spirito di rivalsa.
Bonniers dà poi alle stampe Il sistema periodico (1993), anch’esso tradotto da Ingrid Börge, che permette al pubblico svedese di conoscere più da vicino la passione di Levi per la chimica; come scrive un recensore,
La chimica era chiara, univoca e verificabile in ogni suo elemento. Al di là del vitale nutrimento intellettuale che apportava, essa fungeva anche da contrappeso rispetto alle presuntuose menzogne del fascismo. Levi guardava al sistema periodico come a pura poesia.
A dieci anni dalla sua scomparsa, viene enfatizzato come Levi, da annoverare fra i grandi della letteratura italiana, susciti più che mai l’attenzione dei media svedesi (da La tregua e Il sistema periodico vengono tratti drammi radiofonici, periodici come “Riga” e “Ordfront” dedicano degli speciali allo scrittore, anche la televisione ne commemora la vita e l’opera).
Anche Conversazione con Primo Levi, che esce nel 1998, riceve una diffusa attenzione da parte dei media svedesi.
Alla luce di ciò non stupisce, ma è pur sempre degno di nota, che, nell’ambito della Conferenza internazionale sull’Olocausto organizzata a Stoccolma nel 2000, cui partecipano fra gli altri Lionel Jospin e Gerhard Schröder, una serata speciale (30 gennaio) sia dedicata proprio a Levi e al “narrare l’inenarrabile”, con un’iniziativa presso la Casa della cultura animata da intellettuali e artisti e presieduta da Elie Wiesel.
Pochi mesi dopo, a ottobre, debutta a teatro il monologo Se questo è un uomo, con la regia di Lars Norén, uno dei più grandi drammaturghi svedesi, e l’interpretazione di Michael Nyqvist. La pièce, rappresentata anche a Oslo, sarà poi riproposta nel 2007 e nel 2009, ma in quest’ultimo caso con un altro regista (Göran Stangertz) e un altro attore (Michalis Koutsogiannakis) - e con qualche polemica, perché il primo regista cui viene affidato l’allestimento, Björn Melander, abbandona l’incarico per polemica nei confronti della repressione israeliana ai danni dei palestinesi nella striscia di Gaza.
Quando, all’inizio degli anni 2000, la letteratura sull’Olocausto si è ormai affermata anche in Svezia si è altresì consolidata l’opinione che Levi sia uno dei più grandi, se non il più grande esponente di questo genere, in quanto tale spesso accostato a Imre Kertész, premio Nobel per la letteratura nel 2002 e definito “il Primo Levi ungherese”.
La testimonianza dello scrittore torinese è puntualmente ricordata in contributi sulla memoria storica (dell’Olocausto e non solo) e sul rapporto fra letteratura e storia, ma è anche portata a sostegno della denuncia degli orrori contemporanei, come la guerra civile nei territori della ex-Jugoslavia , ed evocata in commenti tra il preoccupato e l’indignato di fronte alle reviviscenze del fascismo in Italia.
Se nel 2011 è l’Istituto di cultura italiana di Stoccolma a dare un ulteriore apporto alla conoscenza di Levi, con la pubblicazione di Ad ora incerta e altre poesie, nella traduzione di Roger Fjellström e Louise Kahan, l’evento editoriale del 2013 è, come anticipato in apertura, la prima edizione svedese di I sommersi e salvati, che è salutata da critici e intellettuali come dovuta riparazione a una negligenza che si protraeva da tempo: dopo il limitato successo di pubblico di Il sistema periodico e Conversazione con Primo Levi, l’editore Bonniers “ha tenacemente rifiutato per anni, nonostante l’insistenza in tal senso di molti, di pubblicare il testo in svedese”. Ecco perché il volume ha raggiunto il pubblico svedese con ventisette anni di ritardo.
Vi è chi segnala come la figura e l’opera di Primo Levi meriterebbero una presentazione più ampia di quella che è stata inserita nella trilogia (a tale proposito, gioverebbe la disponibilità in lingua svedese di una biografia intellettuale, pur agile, dello scrittore) e lamenta un certo appiattimento del titolo. D’altra parte, l’idea di raccogliere in un unico volume le tre opere viene unanimamente giudicata meritoria, perché la lettura congiunta dei tre testi offre una conoscenza dell’umanità del lager superiore a quella che si può ricavare dalla lettura dei singoli volumi.
L’uscita della trilogia è stata segnalata e commentata su numerosi quotidiani, a tiratura nazionale come locale, e ha rappresentato l’occasione per un omaggio all’opera di Levi nel suo complesso, nel contesto di un dibattito, sbocciato sui media svedesi in occasione del Giorno della Memoria, che investe il valore della letteratura testimoniale sull’Olocausto come fonte storiografica.
Sull’onda di questo rinnovato interesse per l’opera leviana, l’auspicio è che il Dipartimento di italianistica dell’Università di Stoccolma, o il Centro Hugo Valentine dell’Università di Uppsala, o ancora il Forum per la storia vivente (Forum för Levande Historia) − istituzioni con cui il Centro Primo Levi ha stabilito contatti in occasione dell’iniziativa presso l’Istituto di Cultura italiana di Stoccolma − possano contribuire ad alimentare, anche in Svezia, un confronto sul contributo di Levi al dibattito storiografico sulla zona grigia dell’Olocausto.