Primo Levi a Settimo Torinese

La Siva (Società industriale vernici e affini) apparteneva all’industriale Federico Accati. L’8 aprile 1948 Levi cominciò a lavorare nello stabilimento di corso Regina Margherita n. 264, nei pressi del Parco della Pellerina. Nel 1953 la fabbrica si trasferì a Settimo Torinese. Levi lavorò in questa azienda per oltre 26 anni, fino al 1° dicembre 1974, dapprima come impiegato, dal 1953 come direttore tecnico e infine, dal 1962, come direttore generale. Dopo il pensionamento accettò di mantenere un incarico di consulenza fino al settembre 1977.
(Album Primo Levi, a cura di Domenico Scarpa e Roberta Mori, Torino 2017, p. 288)

«Primo Levi lavora da chimico in una fabbrica a Settimo Torinese a pochi chilometri da Torino, proprio all’imbocco dell’autostrada per Milano. Settimo Torinese è un paese un po’ strano in verità, perché, direi, mescola insieme parti vecchie e nuove, nuove e vecchie. Ci sono grandi fabbricati moderni, grattacieli, gru e ci sono anche piccole case con i panni stesi, addirittura sembra quasi un ambiente meridionale in certi punti».

(Luigi Silori, L’approdo, Intervista Rai trasmessa il 27 settembre 1963, in Opere complete, III, p. 13).

Sono approdato all’industria delle vernici per puro caso. Mi sono occupato piuttosto poco di vernici propriamente dette: la nostra fabbrica, sin dai primi anni si e specializzata in produzione di smalti isolanti per conduttori elettrici in rame. A quel tempo contavo fra i trenta o quaranta specialisti del mondo in questo ramo: di filo smaltato sono fatti gli animali che ci sono nel mio studio... Non credo di avere sprecato il mio tempo dirigendo una fabbrica. Ho acquistato altre esperienze preziose, che si sono addizionate e combinate con quelle di Auschwitz.

Risposte a Philip Roth, in Opere complete, III, p. 1090

 

Quanti erano gli operai?
Fino a un massimo di settanta, ma all’inizio, ancora in corso Regina erano sette.

E una fabbrica ancora prospera?
La fabbrica ora è dimezzata, ma per quello che resta e abbastanza prospera e vi sono ancora impianti fatti da me.

Quando avevi problemi in fabbrica avevi la tendenza a portarteli anche a casa?
Si.

Non riuscivi a chiudere…
No. Poi mi telefonavano, non so, qualche volta anche di notte. Ho dovuto andare più di una volta, due o tre volte, di notte, a vedere, a provvedere. Mi ricordo quando e nato mio figlio nel ’57. Mio figlio e nato alle quattro del mattino, ma alle sette io ero già a Settimo perché aveva grandinato, c’era non so che guaio. Sono stato diligente.

 Io che vi parlo, Conversazione con Giovanni Tesio, in Opere complete, III, p. 1072.

 

I gabbiani di Settimo

Di meandro in meandro, anno per anno,
I signori del cielo hanno risalito il fiume
Lungo le sponde, su dalle foci impetuose.
Hanno dimenticato la risacca e il salino,
Le cacce astute e pazienti, i granchi ghiotti.
Su per Crespino, Polesella, Ostiglia,
I nuovi nati più risoluti dei vecchi,
Oltre Luzzara, oltre Viadana spenta,
Ingolositi dalle nostre ignobili
Discariche, d’ansa in ansa più pingui,
Hanno esplorato le nebbie di Caorso,
I rami pigri fra Cremona e Piacenza,
Retti dal fiato tepido dell’autostrada,
Stridendo mesti nel loro breve saluto.
Hanno sostato alla bocca del Ticino,
Tessuto nidi sotto il ponte di Valenza
Tra grumi di catrame e lembi di polietilene.
Han veleggiato a monte, oltre Casale e Chivasso,
Fuggendo il mare, attratti dalla nostra abbondanza.
Ora planano inquieti su Settimo Torinese:
Immemori del passato, frugano i nostri rifiuti.

9 aprile 1979.

Da Ad ora incerta, in Opere complete II, p. 711.


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