Auschwitz
Deportazione e Lager
174517 fu il numero tatuato sull’avambraccio sinistro di Primo Levi nel febbraio del 1944, al suo ingresso nel campo di sterminio nazista di Auschwitz. La detenzione durò poi per undici mesi fino alla liberazione, avvenuta il 27 gennaio dell’anno successivo a opera dell’esercito russo.
Di quell’esperienza e della realtà del Lager lo scrittore torinese ha testimoniato subito dopo la guerra nel suo primo libro Se questo è un uomo. Ma di essa ha anche fatto il centro dei propri pensieri e del proprio impegno di testimone diretto, in particolare nel rapporto con i giovani, per tutto il corso della sua vita; fino alla pubblicazione de I sommersi e i salvati, sintesi di uno studio e di una riflessione quarantennali.
Il racconto della Shoah assume in Levi tratti di inconfondibile originalità. Nello stesso tempo rappresenta un banco di prova essenziale per le sue qualità di scrittore, di pensatore e di uomo.